L’americana FCC ha appena revocato le norme a favore della Net neutrality. Il web cambierà faccia?
È notizia di pochi giorni fa. Oltre 200 piccole e medie imprese europee hanno inviato una lettera al presidente della Federal Communication Commission Ajit Pai, chiedendo a gran voce di non revocare le norme a tutela della Net Neutrality. Può sembrare un atto irrilevante, in fondo le aziende europee non saranno toccate dalla decisione, ma dimostra quanto l’argomento tocchi un nervo scoperto nel vecchio continente. “E’ un cattivo esempio per il resto del mondo, proprio dagli Stati Uniti da cui ci aspettiamo standard positivi”, affermano dall’ufficio della European Digital Rights, mettendo bene a fuoco la natura del problema. Alla fine, comunque, è successo ciò che tutti davano per scontato. Le rigide norme che regolavano la Net neutrality americana sono state appena revocate con 3 voti a favore e 2 contrari.
1 Net neutrality – Cos’è?
Facciamo un piccolo passo indietro, per capire cosa sta succedendo e perché. In realtà, il termine Net neutrality non ha una definizione univoca, ma indica in senso generale una serie di norme volte a garantire che i provider garantiscano la stessa fruizione a tutti i siti web e a tutti gli utenti che popolano la rete. In altre parole, i principi della NN dovrebbero in teoria impedire che certi gestori stringano accordi commerciali in modo da estromettere dall’accesso certi siti o tipologie di siti. Un esempio immediatamente comprensibile, potrebbe vedere protagonista Netflix. Cosa succederebbe se certi provider impedissero l’accesso ai propri abbonati, magari per favorire altri servizi di streaming video?
2 Net neutrality – Gli onori della cronaca per via della situazione americana
Scendendo nella dimensione della cronaca, il termine è ultimamente utilizzato per indicare la votazione della già menzionata FCC (l’equivalente americano della nostra AGCOM), che proprio oggi ha dato il via libera alla revoca delle norme sulla Net neutrality varate ai tempi della presidenza Obama. Quelle regole, varate nel 2015, “blindavano” la Net neutrality. Caduto questo argine, è facilmente immaginabile che in un futuro prossimo, i provider sanciscano una serie di accordi commerciali in grado di “oscurare” certe classi di utenti e siti. Per ora, va detto, è pura teoria, e del resto nelle sedi dei grandi provider americani le bocche sono cucite. Da oggi, però, potranno fare ciò che vorranno, a patto di esplicitare pubblicamente le proprie politiche commerciali. Una situazione che renderà molto più complicato l’acquisto di un piano dati, con alcuni che si spingono ad immaginare un futuro in cui gli utenti saranno costretti ad acquistare più connessioni.
3 Net neutrality – L’opinione di Tim Berners-Lee
Per addentrarci meglio nel significato di Net neutrality, possiamo dare la parola a colui che della rete è stato letteralmente l’inventore. Tim Berners-Lee:
Vent’anni fa, gli inventori di Internet progettarono un’architettura semplice e generale. Qualunque computer poteva mandare pacchetti di dati a qualunque altro computer. La rete non guardava all’interno dei pacchetti. È stata la purezza di quel progetto, e la rigorosa indipendenza dai legislatori, che ha permesso ad Internet di crescere ed essere utile. Quel progetto ha permesso all’hardware e alle tecnologie di trasmissione a supporto di Internet di evolvere fino a renderlo migliaia di volte più veloce, nel contempo permettendo l’uso delle stesse applicazioni di allora. Ha permesso alle applicazioni internet di venire introdotte e di evolvere indipendentemente.
Quando ho progettato il Web non ho avuto bisogno di chiedere il permesso a nessuno. Le nuove applicazioni arrivavano sul mercato già esistente di Internet senza modificarlo. Allora provai a rendere la tecnologia del web una piattaforma al contempo universale e neutrale, e ancora oggi moltissime persone lavorano duramente con questo scopo. Il web non deve assolutamente discriminare sulla base di hardware particolare, software, rete sottostante, lingua, cultura, handicap o tipologia di dati.
4 Net neutrality – Una fitta rete di interessi commerciali
Ciò che rischia di far degenerare la rete in un far west, è la complessa ragnatela di interessi commerciali in cui, ovviamente, sono dentro anche i vari provider. Negli USA, molti gestori sono già possessori di aziende che creano contenuti, come ad esempio Comcast che possiede ormai interamente NBCUniversal. Immaginare dei vantaggi (e degli svantaggi, nei confronti di compagnie concorrenti) in favore delle proprie sussidiarie non è così fantasioso.
5 Net neutrality – Disney sarà il primo colosso con cui fare i conti
La votazione della FCC è arrivata mentre le agenzie battevano un’altra notizia. Proprio ieri, la Disney ha acquistato la 21st Century Fox, per la cifra di 52 miliardi di dollari. Grazie all’acquisizione, la già potentissima Disney otterrà non solo sul vasto catalogo di 20th Century Fox e 20th Century Fox Television, ma avrà anche il controllo maggioritario sul servizio di streaming Hulu. È una mossa non casuale, che illustra l’interesse dei grandi produttori di media nel controllare le piattaforme di streaming e i relativi cataloghi degli studios cinematografici. Solo l’anticipo di un futuro in cui il binomio commerciale fra rete e media sarà inscindibile.