Dopo più di due decenni, l’mp3 è libero da licenze e costi di brevetto. Ecco cosa potrebbe comportare per la musica streaming.
Il formato Moving Picture Expert Group-1/2 Audio Layer 3, meglio noto come mp3, potrebbe essere arrivato al capolinea. Quando è stato presentato, intorno ai primi anni ’90, era un’idea rivoluzionaria capace di ridurre fino al 95% la grandezza dei contenuti audio. Era il lontano 1994, ma per capirne l’impatto ci vollero l’arrivo di Napster prima e iTunes poi. Da quel momento, la cultura attorno alla musica è cambiata in modo radicale. Un passaggio storico che, per impatto, molti hanno paragonato al passaggio dai cilindri ai dischi in vinile.
1 Mp3? Obsoleto!
La notizia l’ha data NPR, qualche giorno fa. L’istituto che ha creato il famoso algoritmo di compressione, il prestigioso Fraunhofer IIS, ha dichiarato di non averne rinnovato la licenza. In una nota stampa, l’istituto tedesco sostiene che il formato è diventato “obsoleto” in confronto a codec più recenti come l’Advanced Audio Coding (AAC). Lasciamo però cadere i titoli di siti e giornali, dove tanti – troppi? – non si sono trattenuti dal piangerne la morte definitiva. La realtà dei fatti ci dice che il termine delle licenze di sfruttamento vuol dire poco, quando rimangono miliardi di file MPEG sparsi nei computer e negli smartphone di tutto il mondo. Un po’ presto per stabilirne la disfatta.
2 E’ solo l’inizio
Una visione più articolata l’ha data Damir Ivic su Soundwall. Morto? Neanche per sogno scrive Ivic, notando che al contrario, l’assenza di costi di licensing e brevetti renderà più liberi i produttori di lettori mp3 e software dedicati. Insomma, l’mp3 adesso diventa un vero e proprio formato open source e non è difficile immaginarne la proliferazione. C’è anche chi nota un parallelismo col formato immagine GIF, libero da licenza dal 2003 e ancora diffusissimo nonostante circolino alternative migliori.
3 Musica streaming, terra di alternative
Che il vecchio mp3 non godesse di buona salute lo testimoniano i maggiori servizi di musica streaming. Per citarne i due maggiori player, Spotify ha scelto il formato aperto Ogg Vorbis, mentre Apple ha optato per l’AAC fin dai tempi dell’iTunes Store. Proprio lo stesso che oggi è indicato come il nuovo standard di compressione. Ma perché l’mp3 sta cadendo in disuso? Molti nuovi formati consentono di ottenere una qualità migliore anche a bitrate più bassi, vedi i 256kbps (in confronto ai 320kbps che rappresentano il golden standard in mp3) con cui si possono acquistare i pezzi su iTunes.