DigitaLife è un progetto che riguarda tutti noi: com’è cambiata la nostra vita con la tecnologia? E come ha reagito il mondo dell’informazione?
DigitaLife è un progetto di film corale, realizzato grazie ai video di persone comuni con tanta voglia di raccontarsi e raccontare. L’obiettivo è racchiudere in video 20 anni di mondo digitale e internet, insieme al carrozzone dei relativi cambiamenti delle nostre vite. Il film DigitaLife sarà prodotto da Varese Web srl e diretto dal regista Francesco G.Raganato. E’ già in fase di produzione, ma è ancora possibile inviare dei contenuti propri, utili alla realizzazione finale. Non serve essere professionisti, basta avere un semplice smartphone e un po’ di fantasia.
1 Redazioni vuote e strade affollate: quanto è cambiato il giornalismo?
DigitaLife è anche la storia del cambiamento che ha colpito mestieri e professioni. Per esempio lo storico reporter, oggi trasformato in topino da computer. Il giornalista old school non aveva una laurea, tanto per cominciare. Gran parte del lavoro si svolgeva freneticamente in strada a cercare, domandare, raccontare. La parrucchiera e il bar erano più veloci della ricerca Google in quanto a informazioni aggiornate, con tanto di commenti coloriti e opinioni personali. La privacy era ancora un concetto astratto, da considerare solo in casi eccezionali, spesso utili alla salvaguardia fisica del giornalista stesso. Il budget per partire? Quasi nullo: penna, taccuino, pelo sullo stomaco, niente peli sulla lingua. La vita del reporter e di conseguenza quella redazionale scorreva nella costante ansia di non riuscire a reperire abbastanza notizie per chiudere la giornata. L’ufficio e le macchine da scrivere si riempivano solo dopo le 17 e fino a notte fonda, quando iniziava la fase di stesura delle informazioni reperite. Praticamente tutto il contrario di ciò che avviene ai giorni nostri, nella nostra DigitaLife.
2 Internet arriva, ed è magia!
Il giornalismo è sempre stato ampiamente condizionato dalle nuove tecnologie: dal telegrafo, alla linotype, poi il telefono e i mezzi di trasporto. In questo senso la “rete” è rimasta il punto di riferimento del mestiere. La differenza sta nella composizione di tale rete, prima fisica e poi virtuale. L’edicola sotto casa ha pian piano perso di importanza, ha iniziato a vendere giocattoli per bambini, biglietti degli autobus, contenuti per adulti. Sono cambiate le mansioni dei giornalisti, dei redattori, degli inviati speciali. Sono cambiati i contenuti e soprattutto i metodi di fruizione, ecco la DigitaLife. Fino a pochissimo tempo fa le redazioni continuavano a fare riunioni programmatiche mattutine senza capire che la notizia di cui discutevano era già online su molti siti internet, magari letta ormai da tantissimi utenti.
3 La questione “social”
Dibattito interminabile quello riguardante la relazione tra i social e l’informazione. La libertà di espressione ha portato a dei compromessi: tutti possono diventare opinion leader (spesso barbari ed ignoranti). Ma non siamo certo nello schieramento della “catastrofe a tutti i costi”. Un pesce deve sapere in che acque sta nuotando proprio come un giornalista deve conoscere il contesto in cui opera. Può un giornalista del 2017 prescindere dall’uso dei social? Assolutamente no. Questo perché il social è la nuova agenzia di stampa. Spesso il tweet di papa Francesco è più immediato di una comunicazione identica dell’agenzia di stampa più vicina al Vaticano. Se non è DigitaLife questa!
4 Come internet ha cambiato la vita dei Millennials & Co.
Questo è uno dei pochi casi in cui è richiesta un’opinione personale e non intendo nascondermi dietro uno schermo. Faccio parte della fantomatica generazione Millennials o Y, quella dei nati tra i primi anni ’80 e il 2000. La nostra è la generazione del momento, quella che ha l’età giusta per guardare al passato e al futuro senza sentirsi troppo distanti da uno o dall’altro. Alcuni ci definiscono “nativi digitali”, cresciuti con i modem 56k che si connettevano in un quarto d’ora. In fondo siamo quelli che scaricavano musica illegale con “il mulo e affini”, senza badare ai giorni di attesa che ci volevano per ottenere quell’unico brano interessante. In definitiva, siamo quelli cresciuti insieme a Internet -i fratellini del web- quelli che si sono adattati per primi. Siamo quelli che hanno compiuto (o stiamo per compiere) i loro 30 anni insieme al World Wide Web.
5 Rapporto con i social?
Su quello ci stiamo ancora lavorando. Personalmente, non ho mai usato Tinder, ma un caro amico mi ha mostrato come fare e mi ha spiegato punto per punto i vantaggi che comporta. Non aspettatevi sentimentalismi. Non ho mai usato Snapchat e me ne vergogno, non sono una Millennial degna di questo nome. Facebook mi piace abbastanza e fino a tre giorni fa non mi faceva paura. Poi ho deciso di creare un profilo fake per studiare i comportamenti dell’utente medio, ho scelto una foto profilo trovata rapidamente su Google: una ragazza al mare, in costume, accuratamente non provocante. Risultato? Il giorno dopo, aprendo il social, avevo già 150 richieste di amicizia all’attivo. Alla soglia del terzo giorno sono a quota 350 amici (facendo anche una leggera selezione all’ingresso), quasi pari a 8 anni di vita del mio profilo reale. Otto anni fa non sarebbe mai successa una cosa del genere. Oggi, per qualche strano algoritmo, i neo iscritti vengono bombardati da richieste di amicizia, probabilmente per essere inglobati immediatamente nel sistema. Questo fa un po’ paura. Una ragazza in costume che in 3 giorni riceve 350 richieste di amicizia e di contatto da perfetti sconosciuti, 90% uomini, 60% over 50 anni.
6 Bicchiere mezzo pieno: Internet generation
Sono già troppi coloro che guardano al web con sospetto. Come ogni strumento va saputo usare con intelligenza, chi non lo fa perde in partenza. Noi prediligiamo l’uso consapevole e abbiamo deciso di raccontarne i successi, quei piccoli cambiamenti che apportano benefici e risparmio di tempo. Dovessi pensare a delle banalità quotidiane che il progresso ha migliorato, la mia mente salterebbe subito alla fila alle casse del supermercato: vedo ancora un sacco di gente accalcata alle casse e mi chiedo “perchè?”. Posso capire il piccolo discount sotto casa, ma le grandi catene di distribuzione hanno ormai il “Presto Spesa” o il “Salvatempo” di turno. Non sono altro che piccoli terminali che consentono di mettere nel carrello digitale tutto ciò che si sta buttando nel carrello reale. Vantaggio? A fine spesa salti la coda, paghi nelle casse automatiche associando il tuo terminale temporaneo ed il gioco è fatto. Penso che sia una delle poche invenzioni irrinunciabili della mia vita! Lo stesso vale per le bollette che non pago mai in Posta.
L’internet banking è l’altra grande rivoluzione del secolo per noi, generazione impegnata e frenetica. Sono costretta a sopportare la fila dell’ufficio postale solo quando il corriere di turno sbaglia a consegnare i miei acquisti online. I giorni in cui devo varcare la soglia di una posta mi sento teletrasportata indietro nel tempo, in un mondo ormai lontano e obsoleto, dove il tempo si ferma e perde d’importanza. E in quel luogo -in cui l’impiegato medio è rigorosamente annoiato e incazzato– io ripenso al mio computer e a quanto sia accogliente ed educato, sempre disponibile, reattivo ai miei ordini. Non mi si venga a dire che soffro di manie di controllo. Mi piace l’autonomia e la tecnologia. O l’autonomia della tecnologia. Ah… e naturalmente mi piacciono le serie tv in streaming! Non è poi così male questa DigitaLife! PS: per partecipare al progetto “DigitaLife – il film” segui il link e ricorda: tutti possono contribuire!